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XXXII

(n. 32). Il vangelo italiano dello stesso nome è l’opera di un apostata del secolo XIV, diventato maomettano.

(10) Il Protovangelo (?).

(11) Sconosciuto. Non è improbabile che si tratti di una confusione con gli Atti di Andrea (Innoc. I ep. 6 ad Exsuper. 7).

(12) Cfr. Hier. in Evang. ad Damasum praefatio: «Praetermitto eos codices, quos a Luciano et Hesychio nuncupatos paucorum hominum adserit perversa contentio». Si tratta semplicemente di questo!

(13) Pseudo-Matteo o fonte di esso. Sono omessi il Vangelo sec. gli Ebrei, il Vangelo sec. gli Egiziani, il Vangelo sec. Filippo, e altri vangeli anonimi, nonché gli Acta Pilati o vangelo di Nicodemo.

(14) Probabilmente il Vangelo latino dell’Infanzia edito dal James.

(15) È senza dubbio, il «Pastore» di Hermas.

(16) Famoso Manicheo. A lui sono attribuiti gli Atti di Giovanni e, più tardi, tutti gli altri atti apostolici in voga presso i Manichei, come pure gli altri apocrifi. Cfr. la supposta lettera di Girolamo a Cromazio ed Eliodoro nel prologo dello Pseudo-Matteo.

(17) Scritture manichee.

(18) Il così detto Libro dei Giubilei o ἡ λεπτὴ γένεσις.

(19) Un estratto degli Atti di Paolo.

(20) Nepote, vescovo di Arsinoe (Fajjûm), visse nella prima metà del sec. III, e nel suo Ἔλεγχος ἀλληγοριστῶν difese a spada tratta la dottrina chiliasta. Hier. De vir. ill. 69 (cfr. Eus. h. e. VII, 24, 1) ricorda tra gli scritti di Dionisio d’Alessandria «Duo libri adversum Nepotem episcopum».

(21) Si tratta in realtà delle Sententiae del filosofo pagano Sextus, che Rufino aveva tradotto in latino, lasciando credere che l’autore ne fosse il papa e martire Sisto. Contro di che protestò Girolamo in più occasioni. Ci avevano creduto, tra altri, anche Pelagio e Sant’Agostino (Retr. II, 42).

(22) Le due apocalissi di Paolo e Tommaso, che pur esistettero realmente e son giunte sino a noi, non sono ricordate da altro scrittore antico.

(23) Un’Apocalisse di Stefano ci è sconosciuta. Tuttavia ancora Sisto Senense nel sec. XVI (Biblioth. Sancta, l. II, p. 193 dell’ediz. di Napoli 1742) parla di un’Apocalisse di Stefano, in voga presso i Manichei. Secondo alcuni, si tratterebbe del Martyrium slavo di S. Stefano, di cui I. Fzanko pubblicò la traduzione in «Zeitschr. f. neut. Wissensch. 1906, p. 158 ss.; ovvero, secondo altri, della Revelatio corporis sancti Stephani, che il Gelasiano avrebbe malamente scambiato con un’apocalissi; cfr. Gennadius, De vir. ill. c. 46 s.: «Lucianus presbyter, vir sanctus, cui revelavit Deus, Temporibus Honorii et Theodosii Augustorum, locum sepulcri et reliquiarum corporis sancti Stephani martyris primi, scripsit ipsam revelationem ad omnium ecclesiarum personas graeco sermone. Avitus presbyter, homo hispanus genere, ante relatam Luciani presbyteri scripturam in latinum transtulit sermonem». È curioso che sia dimenticata e omessa la Revelatio Petri, già ricordata nel frammento Muratoriano e assai diffusa anche in Occidente.

(24) Lo stesso, senza dubbio che il Planctus Origenis, conservato in parecchi manoscritti.

(25) Non si tratta di Cipriano, vescovo di Cartagine; ma del mago Cipriano di Antiochia, morto poi martire.