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al principio del c. XXII, mentre seguono altri due capitoli sul martirio di Zaccaria), e i più ritengono, che il Protovangelo, nella sua redazione attuale, non sia l’opera di getto d’un solo autore, ma una amalgama di tre scritti originariamente distinti: il primo (sec. II) sarebbe il racconto attribuito a Giacomo, della nascita e del matrimonio di Maria; il secondo (II sec.?), un apocrifo di Giuseppe, relativo alla nascita di Gesù; il terzo (verso la fine del III sec.?) la leggenda apocrifa di Zaccaria1. A ogni modo la compilazione non può essere posteriore alla fine del III secolo o al principio del IV; poiché il papiro di Aschmunên, pubblicato dal Pistelli2, il quale è del IV secolo, contiene frammenti anche dei due ultimi capitoli3.

La tendenza del Protovangelo, diretto soprattutto alla glorificazione della santità e verginità di Maria, è schiettamente e piamente ortodossa; le tracce di speculazione gnostica, che alcuno ha creduto scoprire qua è là, sono assai tenui e malsicure, e in ogni caso è agevole spiegarle come inavvertitamente derivate dalle fonti. Non sempre, peraltro, la pietà dell’autore è accompagnata da un giusto senso delle convenienze.

          Frammenti antichi del Protovangelo anche in B. P. Grenfell, An Alexandrian erotic fragment and other Greek papyri, Oxford 1896, p. 13-17. Cfr. oltre le opere più generali già ricordate, L. Conrady, Das Protev. Jak. in neuer Beleuchtung (in «Theol. Stud. u. Krit.» LXII, 1889, p. 728-784) e Die Quelle der kanon. Kindheitsgeschichten, Gött. 1900 (Sostiene la tesi paradossale, che il Protovangelo è la fonte della storia dell’Infanzia in Matteo e Luca): E. Amann, Le protévangile de Jacques et ses remaniements latins, Paris 1910; E. Pistelli, Il Protovangelo di Jacopo, Lanciano 1919; A. Berends, Studien über ZachariasApokryphen u. Zacharias-Legenden, Leipzig 1895.

2. Un altro apocrifo assai diffuso fu il Vangelo di Tommaso, ossia «I fatti dell’infanzia del Signore» (τὰ παιδικὰ τοῦ Κυρίου), pervenutoci anch’esso in varie versioni (due greche di disuguale lunghezza, anzi tre4; inoltre in siriaco, in latino, in arabo, in vecchio slavo). Contiene una sequela slegata di prodigi stravaganti operati da Gesù fanciullo (dai cinque ai dodici anni5), il quale appare altrettanto capriccioso, stizzoso, dispettoso e vendicativo, quanto divinamente onnipotente e omniscente. Un concetto del divino, schiettamente pagano, affatto agli antipodi dell’idea cristiana!6. E la trivialità della forma è in buona armonia con la non rara sconvenienza del contenuto. C’è tuttavia, nello sfondo dell’apocrifo, qualcosa di grazioso che piace, ed

  1. Il racconto della morte di Zaccaria nel Protovangelo è affatto diverso da quello di Origene, che pur conosceva il «libro di Giacomo».
  2. Papiri della Società Italiana I, 1912, pp. 9-16.
  3. Anche il «Vangelo latino dell’infanzia» pubblicato dal James (vedi più sotto, il numero 5) riproduce la storia di Zaccaria quale è data nel Protovangelo, e allude al silenzio della natura descritta nell’«apocrifo di Giuseppe».
  4. La più lunga, che è anche la più antica, fu pubblicata integralmente la prima volta (di su un codice bolognese del sec. XV) da G. L. Mingarelli in Nuova raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, tomo XII, Venezia 1764, pp. 73-155. La seconda fu trovata dal Tischendorf in un manoscritto del XIV-XV secolo presso i monaci del Monte Sinai. La terza, che è l’equivalente del Thomas latino, è stata pubblicata da A. Delatte nel suo recente volume Anecdota Atheniensia I (Bibl. de la Faculté de Philol. et Lettres de l’Université de Liège XXXVI): cfr. M. R. James, The Gospel of Thomas in «The Journ. of theol. Studies» 1928, n. 117, pp. 51-54. Tutti i pochi codici greci che abbiamo dello Pseudo-Tommaso sono d’età assai recente. Più numerosi sono i codici latini, ma anch’essi di tarda età (salvo il palinsesto di Vienna).
  5. Il Vangelo si chiude con la disputa di Gesù tra i dottori al tempio.
  6. A. Meyer ritiene non inverosimile che le storielle dell’apocrifo siano di importazione indiana, e che a ciò si debba l’attribuzione del medesimo a Tommaso, l’apostolo tradizionale dell’India; «e forse il filosofo israelita è subentrato al posto d’un filosofo indiano, cioè d’un Bramino» (Hennecke, Apocryphe, vo p. 95).