Pagina:Bollettino delle leggi e disposizioni della Repubblica Romana (1849).pdf/638


— 605 —

Ogni cosa concorreva a ritenere che il nemico forte di circa 8000 uomini con due squadroni di cavalleria, e dodici cannoni da campo, diviso in due colonne, intendeva dirigere simultancamente un doppio attacco a Porta Cavalleggieri e Porla Angelica. In effetti verso le 11 del mattino, procedendo per Villa Pamfili, vi occupò due case da dove incominciò un vivo fuoco di moschetteria e di artiglieria contro Porta Cavalleggieri. Si mosse ad attaccarlo di fianco da Porta S. Pancrazio il prode Generale Garibaldi con tutti i suoi e col battaglione Universitario; e quivi s’impegnò un combattimento micidiale ed osti nato, in cui cento fatti di bravura personale provarono che i moderni Italiani hanno tulta l’attitudine d’imitare le antiche glorie dei loro padri. Resistevano tenaci i Francesi all’urto del Garibaldi; lo respingevano ancora favoriti dal maggior numero, e dalle artiglierie che tiravano a scaglia, ma sopravvevuti in rinforzo la Legione degli Emigrati, il battaglione dei Reduci, la Legione Romana comandata dal Colonnello Galletti, e due compagnie del primo reggimento di Linea caricando contemporaneamente alla bajonetta, lo costrinse a ritirarsi precipitosamente lasciando in mano dei nostri circa 500 prigionieri fra quali sei Uffiziali con un Comandante di battaglione, e gran numero di morti.

Mentre in tal modo si combatteva a S. Pancrazio altri attacchi erano diretti ai giardini del Vaticano, e lungo tutta la linea da Porta CavalJeggieri sino a S. Marta, dove il nemico si sforzava con tutti i mezzi di smontare le nostre artiglierie, e dove diede due furiosi assalti,