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Romani! Questi bevitori di sangue han le mani più atte al seccheggio che alla battaglia e han più la rabbia della jena, che i sentimenti dell’uomo, più l’avidità del lupo che la generosità del soldato.

Conoscete le loro opere? Han distrulla Messina, devastata Catania, scannati i fanciulli, violate le donne, saccheggiale le Chiese.

Se tanto operarono a danno della loro Patria, che non farebbero in un paese non loro?

Essi sanno che Roma è depositaria di ricchezze e di preziosi monumenti. Guai a noi se darem loro un adito! La desolazione e la miseria invaderebbero questo bellissime contrade.

Romani! A codlesti cannibali bisogna pagar degnamente i passati misfatti. Il loro conto è pieno: bisogna saldarlo.

All’Armi! Donne, fanciulli e inermi vecchi restino a guardia delle case: gli altri tutti brandiscano un ferro e feriscano.

Ciascuno giuri di uccidere un nemico.

Ogni casa sia un baluardo, ogni finestra una feritoja, ogni siepe un agguato, ogni arnese un arme.

Non contiamo i nemici: conteremo poscia i loro cadaveri, e gli offriremo impura catacombe al mal genio che li addusse. Beato chi uccide il suo!

La Patria di Bruto non accoglie i Borbonici ladroni, che spenti.

Coraggio, o fratelli! Le antiche glorie del Campidoglio aspettano di essere emulate da glorie novelle.