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sentarla degnamente nella Guerra dell’Indipendenza: questo è il mandato affidatoci.

E questo mandato significa per noi non solamente venerazione a una forma, a un nome; ma al principio rappresentato da quel nome, da quella forma governativa; e quel principio è per noi un principio d’amore, di maggiore incivili. mento, di progresso fraterno con tutti e per tutti, di miglioramento morale, intellettuale, economico per l’universalità dei cittadini. La bandiera Repubblicana innalzata in Roma dai Rappresentanti del Popolo non rappresenta il trionfo d’una frazione di cittadini sopra un’altra; rappresenta un trionfo comune, una vittoria, riportata da molti, consentita dalla immensa maggiorità, del principio del bene su quello del male, del diritto comune sull’arbitrio dei pochi, della santa Eguaglianza che Dio decretava a tutte l’anime sul Privilegio e sul Dispotismo. Noi non possiamo essere repubblicani senza essere e dimostrarci migliori dei Poteri rovesciati per sempre.

Libertà e Virtù, Repubblica e Fratellanza devono essere inseparabilmente congiunte. E noi dobbiamo darne esempio all’Europa. La Repubblica in Roma è un programma Italiano: una speranza, un’avvenire pei ventisei milioni d’uomini fratelli nostri. Si tratta di provare all’Italia e all’Europa che il nostro grido Dio e Popolo non è una menzogna — che l’opera nostra è in sommo grado religiosa, educatrice, morale — che false sono le accuse d’intolleranza, d’anarchia, di sommovimento avventate alla santa bandiera e che noi procediamo, mercè il principio repub-