Pagina:Bois - Sui confini della scienza della natura,1928.djvu/95


— 97 —

e fra questi anche quello in cui avrebbe potuto morire da vecchio virtuoso, carico d’anni, onorato e pianto dai suoi concittadini; ma Dio doveva preferire la creazione di questo mondo nel quale Sesto Tarquinio divenne un malvagio, poichè questo era il migliore nel quale il rapporto del bene coll’inevitabile male rappresentasse per esso mondo un massimo29.

Non c’è bisogno di dire che il monismo non può esser avvantaggiato da queste immagini, sia pur logicamente giuste, ma, per lo meno, sommamente arbitrarie e con l’impronta della falsità; esso deve cercarsi da sè il suo posto nel problema del libero arbitrio. Appena si viene alla decisione di considerare come illusione il sentimento soggettivo di libertà, è altrettanto facile su basi monistiche come per l’estremo dualismo di Leibniz riconciliare l’apparente libertà con la necessità. I fatalisti di ogni tempo, su qualsiasi base si radicasse la loro convinzione, Zenone, Agostino, e i Tomisti, Calvino, Leibniz, Laplace30 (non dimenticando Jacques le fataliste et son maitre) non ci trovarono nessuna difficoltà. Con mediocre agilità dialettica è facile far cedere a chiunque quel sentimento di cui parla Cicerone. Anche nei sogni noi ci sentiamo liberi, poichè i fantasmi delle nostre sostanze sensitive giocano con noi. Da molti di noi effettuati in apparenza con proposito cosciente, perchè noi sappiamo adesso che azioni rivolte ad uno scopo sono involontari effetti di certe strutture del nostro sistema nervoso, dei meccanismi riflessi e dei così detti centri ner-

E. Du Bois-Reymond - Sui confini della scienza 7