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quale Strauss cerca di trasportar nella vita la sua nozione del mondo. Se io stesso una volta in questo luogo lo combattei da questo punto di vista2, non per ciò ammiro meno la forza d’animo e la saldezza di carattere che questo maestro del pensiero, nello stesso tempo così artisticamente dotato, porta in mezzo agli antichi enigmi del mondo, che neppur egli, naturalmente, risolve, ma che senza rispetti umani chiama col loro nome.
A Strauss non sfuggì che io, riguardo ai processi spirituali, mi era messo interamente dal punto di vista del naturalista induttivo, il quale non separa il processo dal substrato da cui ha imparato a conoscere il processo, e che senza sufficiente motivo non crede all’esistenza del processo staccato dal substrato. Un po’ più esperto nelle tortuose vie del pensiero e abituato a più astratti modi di esprimersi, egli naturalmente capì la differenza fra le due asserzioni. Strauss e Lange, l’autore della Storia del materialismo3 troppo presto strappato alla scienza, mi risparmiano la fatica di distruggere con la frase: «E chi non mi sa capire, impari» il giubilo di coloro che credevano di vedere in me un campione del dualismo.
Ma anche Strauss criticò notevolmente il mio principio dell’inesplicabilità della coscienza da cause meccaniche. Egli dice: «Vi sono, come è noto, tre punti nell’ascendente sviluppo delia natura, i quali ebbero più d’ogni altra l’apparenza dell’incomprensibilità. Sono le tre questioni: Come provenne l’essere vivente dal-