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mi dimostrò che in tale circostanza mi ero ingannato. La conferenza, dapprima freddamente accolta, ebbe presto l’onore di divenir oggetto di numerose discussioni nelle quali si manifestò una grande diversità di punti di vista. La critica toccò tutti i toni, dalla lode che giocondamente assentiva, fino al biasimo che respingeva con la massima asprezza, e la parola «Ignorabimus» nella quale culminavano le mie indagini, divenne una specie di filosofico segno di riconoscimento.

L’eccitazione provocata nel mondo tedesco dalla mia conferenza, non mette in buona luce la coltura filosofica della nazione, di cui usiamo vantarci tanto. Per quanto fosse per me lusinghiero veder lodata la mia dimostrazione come opera di Kant, devo però respingere questa gloria. Come ho già osservato, la mia conferenza non conteneva niente che con una scorsa alle vecchie pubblicazioni filosofiche non potesse esser noto a chiunque avesse voluto interessarsene. Ma da quando la filosofia fu trasformata da Kant, questa disciplina ha preso un carattere così esoterico, ha tanto dimenticato il linguaggio della comune intelligenza umana e della semplice meditazione, si è tanto allontanata dalle questioni che più profondamente commuovono la libera gioventù, o le ha trattate così dall’alto in basso come non autorizzate pretese, si è finalmente per così lungo tempo opposta con tanta inimicizia alla nuova potenza che sorgeva accanto a lei, la scienza naturale, che non c’è da meravigliarsi se, specialmente