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Quand’io, otto anni fa, accettai di tenere una conferenza alla seduta pubblica dell’Associazione dei Naturalisti e Medici Tedeschi esitai a lungo finchè decisi di scegliere come argomento i confini della conoscenza della natura.

L’impossibilità, da una parte di comprendere l’essenza della materia e della forza, dall’altra di spiegare meccanicamente la coscienza anche nei suoi infimi gradi, mi pareva proprio una banale verità. Che con l’atomistica, la dinamistica, e il continuo riempimento dello spazio, si finisca col non concluder nulla, è vecchia esperienza che non potrà mai esser menomamente modificata da alcuna scoperta nella scienza naturale. Che nessun ordinamento o movimento della materia possa render comprensibile anche la più semplice sensazione, i migliori pensatori l’hanno da lungo tempo capito. Sapevo bene che su quest’ultimo punto sono molto comuni alcune false idee, ma quasi mi vergognavo di offrire ai naturalisti tedeschi una bevanda così stantìa; e soltanto con la novità delle mie argomentazioni, potevo sperare di desiar interesse.

Il successo ottenuto dalla mia esposizione