78 |
orlando innamorato |
[St. 39-42] |
E, stando così tacita e sospesa,
Rugier sogionse a lei: Franco barone,
Volentier saprebbi io, se non ti pesa,
Il nome tuo e la tua nazïone.
E la donzella, che è d’amore accesa,
Rispose ad esso con questo sermone:
Così vedestù il cor, che tu non vedi,
Come io ti mostrarò quel che mi chiedi.
Di Chiaramonte nacqui e di Mongrana.
Non scio se sciai di tal gesta nïente,
Ma di Ranaldo la fama soprana
Potrebbe essere agionta a vostra gente.
A quel Ranaldo son sôra germana;
E perchè tu mi creda veramente,
Mostrarotti la faccia manifesta;
E così lo elmo a sè trasse di testa.
Nel trar de l’elmo si sciolse la trezza,1
Che era de color d’oro allo splendore.
Avea il suo viso una delicatezzia
Mescolata di ardire e de vigore;
E’ labri, il naso, e’ cigli e ogni fatezza
Parean depenti per la man de Amore,
Ma gli occhi aveano un dolce tanto vivo,2
Che dir non pôssi, ed io non lo descrivo.
Ne lo apparir dello angelico aspetto
Rugier rimase vinto e sbigotito,
E sentissi tremare il core in petto,
Parendo a lui di foco esser ferito.
Non scia pur che si fare il giovanetto:3
Non era apena di parlare ardito.
Con l’elmo in testa non l’avea temuta,
Smarito è mo che in faccia l’ha veduta.
- ↑ T. e Mr. treccia.
- ↑ Mr. e P. Gli occhi avevano.
- ↑ Mr. e P. sa pur.