[St. 35-38] |
libro iii. canto v |
77 |
Quindi mi prese un negromante antico,
Qual di medolle de leoni e nerbi
Sol me nutritte, e vero è quel ch’io dico.
Lui con incanti orribili ed acerbi
Andava intorno a quel diserto ostìco,
Pigliando serpe e draghi più superbi,
E tutti gli inchiudeva a una serraglia;
Poi me ponea con quelli alla battaglia.
Vero è che prima ei gli cacciava il foco
E tutti e’ denti fuor de la mascella:
Questo fo il mio diletto e il primo gioco
Che io presi in quell’etate tenerella;
Ma quando io parvi a lui cresciuto un poco,
Non me volse tenir più chiuso in cella,
E per l’aspre foreste e solitarie
Me conducea, tra bestie orrende e varie.
Là me facea seguir sempre la traccia
Di fiere istrane e diversi animali;
E mi ricorda già che io presi in caccia
Grifoni e pegasei, benchè abbiano ali.
Ma temo ormai che a te forse non spiaccia
Sì lunga diceria de tanti mali:
E, per satisfar tosto a tua richiesta,
Rugier sono io; da Troia è la mia gesta.
Non avea tratto Bradamante un fiato,
Mentre che ragionava a lei Rugiero,
E mille volte lo avea riguardato
Giù dalle staffe fin suso al cimero;
E tanto gli parea bene intagliato,
Che ad altra cosa non avea il pensiero:
Ma disiava più vederli il viso
Che di vedere aperto il paradiso.