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orlando innamorato |
[St. 31-34] |
Durando aspra e crudel quella contesa,
Ecco Agramante ariva a la battaglia,
Che caccia e’ Cristïani alla distesa,
Come fa il foco posto ne la paglia.
Re Carlo e’ nostri non pôn far diffesa;
Tanta è la folta di quella canaglia,
Che sembra un fiume grosso, che trabocca:
Per un de’ nostri, cento e più ne tocca.
Avanti a gli altri è ’l re di Garamanta,1
Io dico il dispietato Martasino,
Qual vien cridando e a gran voce se vanta
Di prender vivo il figlio de Pipino.
Tanto è il romore e la gente cotanta,2
Che il campo trema per ogni confino,
E tale è il saettar fuor di misura,
Che al nivolo de’ dardi il cel se oscura.
La gente nostra fugge in ogni lato,
E quella che se arresta, riman morta.
Quivi è Sobrino, il vecchio disperato,
Che per insegna il foco a l’elmo porta;
E Balifronte, in su un gambelo armato,
Taglia a due mano ed ha la spada torta;
E Barigano e Alzirdo e Dardinello
Ciascun de’ Cristïan fa più macello.3
Oh! chi vedesse in faccia il re Carlone
Guardare il cielo e non parlar nïente,
A’ sassi mossa avria compassïone,4
Veggendol lacrimar sì rottamente.
Campati voi, diceva al duca Amone,
Campati, Naimo e Gano, il mio parente,
Campati tutti quanti, e me lassati,
Chè qua voglio io purgare e’ mei peccati.
- ↑ T. altri il.
- ↑ P. omm. e.
- ↑ P. Ciaschedun de’ Cristian fa.
- ↑ P. I sassi mossi avria a.