[St. 27-30] |
libro iii. canto iv |
59 |
Grifon cridava: Aiutame per Dio!
Aiutame per Dio! chè più non posso;
Chè questo saracin malvaggio e rio
Per tradimento a morte me ha percosso.
Quando Ranaldo quella voce odìo,
Voltò Baiardo e subito fu mosso,
Per urtarsi a Rugiero a corso pieno;1
Ma, veggendolo a piè, ritenne il freno.
Sappiati che il destrier del paladino
Era rimaso là dove discese.
Là presso sopra il campo era Turpino
Che da’ Pagani un pezzo se diffese;
Essendo a quel destrier dunque vicino,
A lui se accosta e per la briglia il prese;
E, destramente ne lo arcion salito,
Ritorna alla battaglia il prete ardito.
Rugiero adunque, come ebbi a contare,
Se ritrovava a piedi in su quel piano.
Fuggito è via Grifone e non appare,
E lui affronta il sir di Montealbano;2
Il qual nol volse con Baiardo urtare,
Però che ad esso parve atto villano:
Ma de arcion salta alla campagna aperta
Col scudo in braccio e con la sua Fusberta.
Tra lor se cominciò zuffa sì brava,
Che ogni om per meraviglia stava mutto;3
Nè già Ranaldo stracco si mostrava,
Benchè abbia combattuto il giorno tutto,
E l’uno e l’altro a tal furia menava,
Che meraviglia è che non sia destrutto.
Non che il scudo a ciascuno e l’elmo grosso,
Ma un monte a quei gran colpi serìa mosso.
- ↑ Mr. Pur urtasi.
- ↑ T. Et cui; Mr. E cui; P. E quivi.
- ↑ T. e Mr. muto.