[St. 19-22] |
libro iii. canto iv |
57 |
E il duca Aigualdo, il grande e sì diverso,
Qual fu Ibernese e nacque de gigante,
Fo da Rugiero agionto in su il traverso,
E tutto lo tagliò dietro e davante.
Non è il marchese de Vïena perso,
Se l’altre gente fuggon tutte quante;
Se ben gli altri ne vanno, ed Oliviero
Sol lui se affronta e voltase a Rugiero.1
Alor se incominciò l’alta travaglia,
Nè questa zuffa come l’altre passa;
La spada de ciascun così ben taglia,
Che io scio che dove giongie, il segno lassa.
Ecco il Danese ariva alla battaglia,
Ecco Ranaldo ariva, che fraccassa
Tutta la gente e mena tal polvino
Come il mondo arda e fumi in quel confino.
Quando Rugier, che stava alla vedetta,
Se accorse che sua gente in volta andava,
Come dal cel scendesse una saetta,
Con tal furore ad Olivier menava.
Menava ad ambe mano, e per la fretta,
Come a Dio piacque, il brando se voltava;
Colse di piatto, e fo la botta tanta,
Che l’elmo come un vetro a pezzi schianta.
Ed Olivier rimase tramortito
Per il gran colpo avuto a tal tempesta;
Senza elmo apparve il suo viso fiorito,
E cadde de lo arcione alla foresta.
Quando il vidde Rugiero a tal partito,
Che tutta a sangue gli piovea la testa,
Molto ne dolse al giovane cortese,2
Onde nel prato subito discese.
- ↑ P. è Olivïero; Sol.
- ↑ Mr. a giovane.