[St. 27-30] |
libro iii. canto iii |
43 |
E pur dicea piangendo: Se io mi doglio
Più che io non mostro, n’ho cagione assai.
Se il tempo bastarà, dir la vi voglio:
Odeti se una al mondo è in tanti guai.1
Dimora uno orco là sotto a quel scoglio...
Non so se altro orco voi vedesti mai,
Ma questo è sì terribile alla faccia,
Che al ricordarlo il sangue mi se agiaccia.2
Apena apena che parlar vi posso,
Chè il cor mi trema in petto di paura.
Grande non è, ma per sei altri è grosso,
Riccia ha la barba e gran capigliatura;
In loco de occhi ha due cocole de osso,
E bene a ciò providde la natura,
Chè, se lume vedesse, a tondo a tondo
Avria disfatto in poco tempo il mondo.
Nè vi è diffesa, a benchè non gli veda,
Chè, come io dissi, il perfido è senza occhi.
Io già lo vidi (or chi fia che lo creda?)
Stirpar le quercie a guisa de finocchi;
E tre giganti che avea presi in preda,
Percosse a terra qua come ranocchi;
Le cosse dispiccò dal busto tosto,
E pose il casso a lesso e il resto a rosto.
Però che sol se pasce a carne umana,
E tien de sangue de omo a bere un vaso.
Ma gite voi in parte più lontana,
Che quel malvagio non vi senta a naso;
A benchè giace adesso nella tana,
Che per dormir là dentro si è rimaso;
Ma come se resvegli, incontinente
Al naso sentirà che quivi è gente.3
- ↑ P. se una è.
- ↑ Mr. mi se.
- ↑ Mr. qui.