[St. 19-22] |
libro iii. canto iii |
41 |
Disse Aquilante: Io non so certo ancora1
Che onor ce seguirà questa aventura;
Far non scio io tal prova che mai mora
Quella incantata e falsa creatura.
Del giorno avanza poco più de un’ora:
Che faren ne la notte a l’aria scura?
A me par di vedere, e già il discerno:
Quel ce trarà con sieco nello inferno.
Grifon diceva: Adunque ora si vole,
Mentre che è il giorno, la spada menare,
Prima che al monte sia nascoso il sole:
Per me la notte non sapria che fare.
E quasi al mezo di queste parole
Volta ad Orilo e vàllo ad afrontare;
Ciascun dadover tocca e non minaccia,2
L’un con la spada e l’altro con la maccia.
Molto vi era da far da ciascun lato,
Chè quello a questo, e questo a quel menava,
Avenga che Grifone è bene armato,
E di mazzate poco se curava.
Durando la contesa in su quel prato,
Un cavalliero armato vi arivava,
Che avea preso in catena un gran gigante...
Ma di tal cosa più non dico avante.
Ben poi ritornarò, come far soglio,
E questa impresa chiara conterò,
Chè, quando de una cosa è pieno il foglio,
Convien dar loco a l’altra; ed imperò
De Mandricardo racontar vi voglio,
Qual con Gradasso in Franza menerò.
Ma, prima che sian gionti, assai che fare
Avranno entrambi e per terra e per mare.3
- ↑ Mr. e P. non son.
- ↑ T. da dover; Mr. da daver.
- ↑ P. Aranno.