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[St. 63-66] | libro iii. canto i | 19 |
Come se stato mai non fosse al mondo,
Di lui più non si fa ragionamento.
Le dame cominciarno un ballo in tondo,
Suonando a fiato, a corde ogni instromento,1
Con voci vive e canto sì iocondo,
Che ciascun qual ne avesse intendimento,
Essendo poco a quel giardin diviso,
Giurato avria là dentro il paradiso.
Così durando il festeggiar tra loro,
Bona parte di notte era passata,
E stando incerco come a consistoro,
Venne di dame una nova brigata:
Chi ha frutti, chi confetti e coppe d’oro,2
E ciascuna fu presto ingenocchiata,
E la dama cortese e il cavalliero
Se renfrescarno senza altro pensiero.
De bianche torze vi è molto splendore,
E girno a riposar senza sospetti.
Parate eran le zambre a grande onore
De fina seta e bianchissimi letti;
Rame de aranci intorno e molto odore,3
E per quei rami stavano occelletti,
Che a’ lumi accesi se levarno a volo.
Ma qua non stette il cavallier lui solo,
Perchè una dama il rimase a servire
De ciò che chieder seppe, più ni meno.
La notte ivi ebbe assai che fare e dire,4
Ma più ne avrà nel bel giorno sereno,
Come tornando potereti odire
Lo orrendo canto e di spavento pieno,
Che il maggior fatto mai non fo sentito.
Addio, segnori: il canto è qui finito.