[St. 55-58] |
libro iii. canto i |
17 |
Se egli è barone, o cavalliero errante,
Dece donzelle, ad onorare avezze,
Apron la porta e con lieto sembiante
Al cavallier fan festa e gran carezze;
E notte e giorno il servon tutte quante,
Con sì bon viso e tal piacevolezze
E con tanto piacere e tanta zoglia,
Che indi a partirse mai non li vien voglia.1
Dunque a tal modo tra le dame accolto
Fu Mandricardo con faccia serena.
La dama del verzier con lieto volto
A braccio sieco festeggiando il mena;
Nè passeggiarno per la loggia molto,
Che con diletto se assettarno a cena,
Serviti alla real di banda in banda
De ogni maniera de optima vivanda.
A lor davanti cantava una dama,
E con la lira a sè facea tenore,
Narrando e’ gesti antichi e di gran fama,
Strane aventure e bei motti d’amore;2
E mentre che de odire avean più brama,
Odirno per la corte un gran romore.
Ahimè! ahimè! dicean; che cosa è questa,
Che ’l nano suona il corno a tal tempesta?
Così dicean le dame tutte quante,
E ciascuna nel viso parea morta.
Già Mandricardo non mutò sembiante,
Chè era venuto a posta per tal scorta.
Perchè intendiati il tutto, quel gigante
De cui vi dissi, avea rotta la porta,
E del romore e gran confusïone
Che ora vi conto, lui ne era cagione.
- ↑ Mr. e P. omm. a.
- ↑ T. e Mr. moti.