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[St. 31-34] libro iii. canto i 11

         La Fata con incanto lo disciolse,
     Per arte il trasse fuor de il monumento,1
     E per suo premio le belle arme volse,
     E il duca de donarle fu contento.
     Lei poscia a questo loco se racolse
     E fece l’opra de lo incantamento
     Onde io vi menarò, quando vi piaccia,
     E provarò se in core aveti audaccia.

         Ma quando non ve piaccia de venire,
     E vinto vi trovati da viltate,
     Contro a mia voglia me vi convien dire
     Quel che serà di voi la veritate:
     In questa fonte vi convien perire,
     Come perita vi è gran quantitate,
     De quai memoria non serà in eterno,2
     Chè il corpo è al fondo e l’anima a lo inferno.

         A Mandricardo tal ventura pare
     Vera e non vera, sì come si sogna;
     Pur rispose alla dama: Io voglio andare
     Ove ti piace e dove mi bisogna;
     Ma così ignudo non scio che mi fare,
     Chè me ritiene alquanto la vergogna.
     Disse la dama: Non aver pavento,
     Chè a questo è fatto bon provedimento.

         E soi capegli a sè sciolse di testa,
     Chè ne avea molti la dama ioconda,
     Ed abracciato il cavallier con festa
     Tutto il coperse de la treccia bionda;
     Così, nascosi entrambi di tal vesta,
     Uscîr di quella fonte la bella onda,
     Nè ferno al dipartir lunga tenzone,
     Ma insieme a braccio entrarno al pavaglione.

  1. T. e Mr. de monum.
  2. P. Di quei.