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[St. 23-26] | libro iii. canto ix | 137 |
Ben si suol dir: non falla chi non fa;
Non so come mi sia di mente uscito
Di farti noto che il destrier, che te ha
Quasi condutto di morte al partito,
Qualunche volta se gli dice: Sta!
Non passarebbe più nel corso un dito;
Ma, come io dissi, me dimenticai
Farlo a te noto, e ciò mi dole assai.
Rimase Bradamante satisfatta
Per le parole et anco per le prove,
Chè, correndo il cavallo a briglia tratta,
Come odiva dir: Sta! più non se move.
La esperïenza fo più volte fatta;
Al fin smontarno in su l’erbette nove,
Sottesso l’ombra del fronzuto monte,1
Ove era un rivo e sopra a quello un ponte.
Quivi smontarno le due damigielle.
Bradamante avia l’arme ancora intorno,
L’altra uno abito biavo, fatto a stelle:
Quelle eran d’oro, e l’arco e i strali e ’l corno;2
Ambe tanto legiadre, ambe sì belle,
Che avrian di sue bellezze il mondo adorno.
L’una de l’altra accesa è nel disio,
Quel che li manca ben sapre’ dir io.
Mentre che io canto, o Iddio redentore,
Vedo la Italia tutta a fiama e a foco
Per questi Galli, che con gran valore
Vengon per disertar non so che loco;
Però vi lascio in questo vano amore
De Fiordespina ardente a poco a poco;
Un’altra fiata, se mi fia concesso,
Racontarovi il tutto per espresso.