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[St. 15-18] libro iii. canto ix 135

         Stativi quieti e come gente mute,
     E lasciate venir le bestie fuora,
     Però che io sola le vo’ seguir tute;1
     E tu, barone, apresso a me dimora.
     Piacer non ho maggior, se Dio m’aiute,
     Che quando un forastier per me se onora,
     E non è cosa, a mia fè te prometto,
     Che io non facessi per darti diletto.

         Acquetossi ciascun per obedire:
     Chi stende lo arco, e chi suo cane agroppa;
     Già tutto il bosco si sentia stromire
     De corni e abagli, e ’l gran romor se incoppa.2
     Eccoti un cervo de la selva uscire,
     Che avea le corne insino in su la groppa,
     Un cervo per molti anni cognosciuto,
     Perchè il maggior giamai non fu veduto.

         Questo uscì al prato de un corso sì subito,
     Che non par che lo aresti pruno o lapola,
     E venne presso a Fiordespina un cubito,
     Sì che aponto alla coda e’ can li scappola;
     E fra se stessa diceva: Io me dubito
     Che costui resti e non senti la trapola,
     Se, pregando che segua, non impetro;
     E poi se volse e disse: Vienmi dietro.

         Nel fin de le parole volta il freno,
     Seguendo il cervo, e pur costui dimanda.
     Benchè avesse uno amblante palafreno
     (Quale era nato nel regno de Irlanda,
     E correa come un veltro, o poco meno,
     Come tutti i roncin di quella banda;
     Non già che fosse in corso simigliante
     A l’altro, che avea dato a Bradamante),

  1. T. tutte.
  2. P. stromire. Di e. a ah. il gr. rumor s’intoppa.