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CANTO NONO
Poi che il mio canto tanto a voi diletta,
Chè ben ne vedo nella faccia il signo,
Io vo’ trar for la citera più eletta
E le più argute corde che abbia in scrigno.1
Or vieni, Amore, e qua meco te assetta,
E se io ben son di tal richiesta indigno,
Perchè e’ mirti al mio capo non se avoltano,
Degni ne son costor che intorno ascoltano.
Come nanti l’aurora, al primo albore,
Splendono stelle chiare e matutine,
Tal questa corte luce in tant’onore
De cavallieri e dame peregrine,
Che tu pôi ben dal cel scendere, Amore,
Tra queste genti angelice e divine;2
Se tu vien’ tra costoro, io te so dire
Che starai nosco e non vorai partire.