[St. 59-62] |
libro iii. canto viii |
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Quando queste parole udì la dama,
Tutta se accese in viso come un foco;
Pensando al cavallier che cotanto ama,
Nella sua mente non ritrova loco;
E sì desia di rivederlo e brama,
Che cura di riposo o nulla, o poco,
A benchè quel romito assai la invita
A medicarse, perchè era ferita.
E tanto ben la seppe confortare,
Che pur al fine ella pigliò lo invito;
Ma, volendoli il capo medicare,
Vide la trezza e fo tutto smarito.
Battese il petto e non sa che si fare,
Tapino me, dicendo, io son perito!
Questo è il demonio, certo (il vedo a l’orma),1
Che per tentarmi ha preso questa forma.
Pur cognoscendo poi per il toccare
Ch’ella avea corpo e non era ombra vana,
Con erbe assai la prese a medicare,
Sì che la fece in poco de ora sana;
Benchè convenne le chiome tagliare2
Per la ferita, che era grande e strana:3
Le chiome li tagliò, come a garzone,
Poi li donò la sua benedizione,
Dicendo: Vanne altrove a ogni maniera,
Chè donna non può star con omo onesta.
Lei se partitte e gionse a una riviera,
Qual traversava per quella foresta.
Il sole a mezo giorno salito era:
E fame e sete e ’l caldo la molesta,
Onde alla ripa discese per bere;
Bevuto avendo, posese a giacere.
- ↑ Mr. e P. io vedo.
- ↑ Mr. e P. convien.
- ↑ Mr. e P. che è.