128 |
orlando innamorato |
[St. 55-58] |
Io sono un cavallier, disse la dama,
Ch’ier me smaritti in questa selva oscura,
Ed ho de riposar bisogno e brama,
Chè son ferito e stracco oltra misura.1
Rispose quel romito: In questa lama
Mai non discese umana creatura;
Da sessanta anni in qua che vi son stato,2
Non vidi una sol volta uno omo nato.
Ma spesse fiate il demonio me appare,
In tante forme ch’io non saprei dirti,
E poco avante io presi a dubitare
Che fosti quello, e stei per non aprirti.
Questa matina qua viddi passare
Una barchetta carica de spirti,3
Che ne andava per l’aria alla seconda
Battendo e’ remi come fusse in onda.4
Colui che stava in poppa per nocchiero,
Mi disse: Fratacchione, al tuo dispetto
Partito è già di Francia il bon Rugiero,
Qual serìa stato un cristïan perfetto.
Tolto lo abbiamo dal dritto sentiero,
Chè vòlto avria le spalle a Macometto;
Ma di sua legge ormai non credo che esca,
Ed hollo detto acciò che ti rincresca.
Passò la barca, poi che ebbe parlato
Quel tristo spirto, e più non fu veduta;
Et io rimasi assai disconsolato,
Pensando che era l’anima perduta
Di quel baron, che morirà dannato,
Se Dio per sua pietate non lo aiuta,
O se persona non li mette in core
Di batezarse e uscir di tanto errore.
- ↑ P. Che io.
- ↑ P. che i’ vi.
- ↑ T. carrica.
- ↑ Mr. fosse.