[St. 35-38] |
libro iii. canto viii |
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La gente saracina, che è fuggita
Per la gionta de Orlando, ora tornava,
Più assai che prima mostrandosi ardita;
Chè Rodamonte sì se adoperava,
Che ciascuno altro volentier lo aita.
Di qua di là gran gente se adunava:
Balifronte di Mulga e il re Grifaldo
E Baliverzo, il perfido ribaldo.
Quivi era Farurante di Maurina
E il franco Alzirdo, re di Tremisona,
Il re Gualciotto di Bellamarina1
Ed altri assai che ’l canto non ragiona;
Tutti non giongeranno a domatina,
Chè Brandimarte, la franca persona,
Ne mandarà qualcun pur allo inferno,
E qualcuno Olivier, se ben discerno.
Stati ad odire il fatto tutto a pieno,
Chè or se incomincia dadover la danza.
Salamon vide il figlio de Ulïeno,
Qual più de un braccio sopra alli altri avanza:
Ove il colpo segnò, nè più nè meno,
A mezo il petto il colse con la lanza;
Quella se ruppe, e ’l Pagan non se mosse,
Ma con la spada il Cristïan percosse.
Il scuto gli spezzò quel maledetto,
Le piastre aperse, come fosser carte,
E crudelmente lo piagò nel petto;
Gionse allo arcione e tutto lo disparte,
Il collo al suo ronzon tagliò via netto.
Ora a quel colpo gionse Brandimarte,
E, destinato di farne vendetta,2
Sprona il destriero e la sua lancia assetta.
- ↑ P. E ’l.
- ↑ P. destinato si (?)