[St. 35-38] |
libro iii. canto vii |
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Come fo gionto giù tra quella festa,
Nel bel palagio de cristallo e de oro,
Un de’ cerchielli al conte pose in testa,
E li altri a li altri duo senza dimoro.
Così la fatason fu manifesta
Subitamente a tutti quattro loro;
E le dame lasciarno e ogni diletto,
Uscendo fuor del fiume a lor dispetto.
Sì come zucche in su vennero a galla;
Prima de l’acqua sorsero e’ cimieri,
Poi l’elmo apparve e l’una e l’altra spalla,
Ed alla riva gionser di legieri.
Quindi, levati a guisa di farfalla,
Che intorno al foco agira volentieri,
Sorpresi fuôr da un vento in poco de ora,1
Qual li soffiò di quella selva fuora.
Chi avesse chiesto a lor come andò il fatto,
Non l’avrebbon saputo racontare,
Come om che sogna e se sveglia di tratto,
Nè può quel che sognava ramentare.
Eccoti avanti a lor ariva ratto
Un nano, e solo attende a speronare;
E, come presso e’ cavallier si vede,2
— Segnor, cridava, odeti per mercede!
Segnor, se amati la cavalleria,
Se adiffendeti il dritto e la iustizia,
Fati vendetta de una fellonia
Maggior del mondo e più strana nequizia.
Disse Gradasso: Per la fede mia!
Se io non temessi di qualche malizia
E[t] de esser per incanto ritenuto,
Io te darebbi volentieri aiuto.
- ↑ T., Mr. e P. Sospesi.
- ↑ Mr. apresso: P. appresso a.