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[St. 11-14] libro iii. canto vii 101

         Questa cinta era fabricata intorno
     Di marmi bianchi, rossi, azurri e gialli,
     Ed avea in cima un veroncello, adorno
     Con colonnette di ambre e de cristalli.
     Ora a quei cavallier faccio ritorno,
     Che vengon senza suoni a questi balli,
     Nè san de le Naiàde la mala arte:
     Dico Rugier, Gradasso e Brandimarte,

         E Fiordelisa, che sieco favella
     Di questa impresa e molto li conforta.
     Gionsero in fine a la muraglia bella,
     Qual di metallo avea tutta la porta.
     Sopra alla soglia stava una donzella,
     Come a guardarla posta per iscorta,
     E tenea un breve, scritto da due bande,
     Con tal parole e con lettere grande:

         Desio di chiara fama, isdegno e amore
     Trovano aperta a sua voglia la via. —
     Questi duo versi avea scritti di fuore,
     Poi dentro in cotal modo se leggia:
     Amore, isdegno e il desïare onore
     Quando hanno preso l’animo in balìa,
     Lo sospingon avanti a tal fraccasso,
     Che poi non trova a ritornare il passo.

         Gionti quivi e’ baron, come io vi ho detto,
     La dama con la mano il breve alciava,
     E fo da tutti lor veduto e letto
     Da quella banda che se dimostrava.
     Adunque e’ cavallier senza sospetto
     Passâr, chè alcun la strata non vetava;
     Con Fiordelisa entrarno tutti quanti,
     Ma per la selva andar non ponno avanti.