[St. 3-6] |
libro iii. canto vii |
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Di Biserta è venuto il cavalliero
Per trare il conte fuor de la fiumana;
Il re Gradasso e Mandricardo altiero
Avea richiesti a quella impresa strana.1
— Ma dove rimango io? dicea Rugiero:2
Se ben non chieggio a Orlando Durindana,
Se ben sieco non voglio aver contesa,
Venir non debbo a sì stupenda impresa? —
— Esser conviene il numero disparo,
Rispose Brandimarte, a quel che io sento;
Condurvi tutti quanti avrebbi a caro,
Ma nol concede questo incantamento;
Ed io non vedo a ciò meglior riparo,
Che per la sorte fare experimento.
Ecco una pietra bianca ed una oscura:
Chi avrà la nera, cerchi altra ventura.
Ciascun de stare a questo fo contento,
Così giettarno la ventura a sorte,
E Mandricardo fuor rimase ispento,
E quindi se partì dolente a morte.
Turbato se ne va, che sembra un vento,3
Per piano e monte caminando forte.
Tanto andò, che a Parigi gionse un giorno,
Ove Agramante ha già lo assedio intorno.
Di fuor ne l’oste, io dico de Agramante,
Fu ricevuto a grandissimo onore.
Ma di lui non ragiono ora più avante,
Perchè io ritorno nel primo tenore
A ricontarvi del conte de Anglante,
Che se ritrova preso in tanto errore,
Tra le Naiàde al bel fiume del Riso;
Or odeti la istoria che io diviso.
- ↑ Mr. e P. richiesto.
- ↑ P. a Orlando D.
- ↑ Mr. e P. assembra.