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[St. 3-6] libro iii. canto vii 99

         Di Biserta è venuto il cavalliero
     Per trare il conte fuor de la fiumana;
     Il re Gradasso e Mandricardo altiero
     Avea richiesti a quella impresa strana.1
     — Ma dove rimango io? dicea Rugiero:2
     Se ben non chieggio a Orlando Durindana,
     Se ben sieco non voglio aver contesa,
     Venir non debbo a sì stupenda impresa? —

         — Esser conviene il numero disparo,
     Rispose Brandimarte, a quel che io sento;
     Condurvi tutti quanti avrebbi a caro,
     Ma nol concede questo incantamento;
     Ed io non vedo a ciò meglior riparo,
     Che per la sorte fare experimento.
     Ecco una pietra bianca ed una oscura:
     Chi avrà la nera, cerchi altra ventura.

         Ciascun de stare a questo fo contento,
     Così giettarno la ventura a sorte,
     E Mandricardo fuor rimase ispento,
     E quindi se partì dolente a morte.
     Turbato se ne va, che sembra un vento,3
     Per piano e monte caminando forte.
     Tanto andò, che a Parigi gionse un giorno,
     Ove Agramante ha già lo assedio intorno.

         Di fuor ne l’oste, io dico de Agramante,
     Fu ricevuto a grandissimo onore.
     Ma di lui non ragiono ora più avante,
     Perchè io ritorno nel primo tenore
     A ricontarvi del conte de Anglante,
     Che se ritrova preso in tanto errore,
     Tra le Naiàde al bel fiume del Riso;
     Or odeti la istoria che io diviso.

  1. Mr. e P. richiesto.
  2. P. a Orlando D.
  3. Mr. e P. assembra.