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[St. 47-50] libro iii. canto vi 95

         Nè vi crediati senza mia contesa
     Aver per zanze quel brando onorato.
     E Mandricardo di collera accesa
     Disse: Io scio che di zanze è bon mercato:
     Or vi aconciati e prendeti diffesa.
     Così dicendo ad uno olmo in quel prato
     Un grosso tronco da le rame scaglia,1
     E quel sfrondando viene alla battaglia.

         Gradasso il brando pose anco esso in terra,
     E spiccò presto un bel fusto di pino;
     L’un più che l’altro gran colpi disserra
     E fuor de l’arme scuoteno il polvino.
     Stava Rugiero a remirar tal guerra
     E scoppiava de riso il paladino,
     Dicendo: A benchè io non veda chi màsini,2
     Quel gioco è pur de molinari e de asini.3

         Più fiate volse la zuffa partire:
     Come più dice, ogniom più se martella.
     Eccoti un cavalliero ivi apparire
     Accompagnato da una damigiella.
     Rugier da longi lo vidde venire;
     Fassegli incontro e con dolce favella
     Espose a lui ridendo la cagione
     Perchè faceano e’ duo quella tenzone.

         Dicea Rugiero: Io gli ho pregati in vano,
     Ma di partirli ancor non ho potere.
     Per la spata de Orlando, che non hano,
     E forse non sono anco per avere,
     Tal bastonate da ciechi se dano,
     Che pietà me ne vien pur a vedere:
     E certo di prodezza e di possanza
     Son due lumiere agli atti e alla sembianza.

  1. T., Mr. e P. tra le.
  2. Mr. che masini.
  3. P. da m. e da.