[St. 23-26] |
libro ii. canto v |
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E se non dài al mio parlar credenza,
Menami teco, come io son, legata,
(Presa o disciolta, io non fo differenza,
Chè ad ogni modo io son vituperata),
E disfarò la torre in tua presenza,
E tutta salvarò quella brigata.
Piglia il partito, adunque, che ti pare,
O fa l’altri morire, o mi campare.
Presto questo partito prese il conte,
Chè morta non l’avrebbe ad ogni guisa;
Ni per grave dispetto ni per onte
Avrebbe Orlando una donzella occisa.
D’acordo adunque se ne vanno al ponte....
Ma più di lor la istoria non divisa,
E torna ove lasciò, poco davante,
Marfisa alla battaglia e Sacripante.
La zuffa per quel modo era durata,
Che io vi contai ne l’assalto primiero;
Marfisa di tal arme era adobbata,
Che di ferirla non facea mistiero1
Ponta di lancia, ni taglio di spata;
E Sacripante aveva il suo destriero
Che è sì veloce che si vede apena,
Onde la dama indarno e’ colpi mena.
Ma mentre che tra lor sopra quel piano
È la battaglia de più colpi spessa,
A benchè ciascadun al tutto è vano,
Chè essa non nôce a lui nè lui ad essa,
Brunello il ladro, il quale era Africano,
E fo servente del gran re de Fiessa,
Avea passate molte regïone,
E de improviso è già gionto al girone.
- ↑ Ml. e Mr. Che ferirla non f. di m.