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[St. 15-18] libro ii. canto v 85

         La pietra che ’l verzier suolea voltare,
     Tutta è sparita e più non se vedia;
     Ora per tutto si può caminare.
     Largo è il paese, aperto a prateria,
     Nè fonte nè palagio non appare;
     De ciò che vi era, sol la dama ria,
     Io dico Falerina, ivi è restata,
     Sì come prima a quel tronco legata.

         La qual piangendo forte lamentava,
     Poi che disfatto vidde il suo giardino.
     Nè come prima tacita si stava
     Negando dar risposta al paladino;
     Ma con voce pietosa lo pregava
     Che aggia mercè del suo caso tapino,
     Dicendogli: Baron, fior de ogni forte,
     Ben ti confesso ch’io merto la morte.

         Ma se al presente me farai morire,
     Sì come io ne son degna in veritade,1
     E dame e cavallier farai perire,
     Che son pregioni, e fia gran crudeltade.
     Acciò che intendi quel che ti vo’ dire,
     Sappi che io feci con gran falsitade
     Questo verziero e ciò che gli era intorno,
     In sette mesi; ora è sfatto in un giorno.

         Per vendicarme sol de un cavalliero
     E de una dama sua, falsa, putana,
     Io feci il bel giardin, che, a dirti il vero,
     Ha consumata molta gente umana;
     Nè ancora mi bastò questo verziero:2
     Io feci un ponte sopra a una fiumana,
     Dove son prese e dame e cavallieri,3
     Quanti ne arivan per tutti e’ sentieri.

  1. Ml. e Mr. pietosa.
  2. Ml., Mr. e P. Nè mi bastò ancor questo.
  3. Ml., Mr. e P. prese dame.