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80 | orlando innamorato | [St. 83-86] |
Il conte questo non aveva inteso,
Ma via da lor correndo se alontana;
Alla valletta se ne va disteso,
Che ha ’l bel boschetto a lato alla fontana,
Dove la Fauna avea quel laccio teso
Per pascerse de sangue e carne umana.
Tavole quivi son da tutte bande;
Il laccio è teso intorno alle vivande.[1]
Era quel laccio tutto di catena
Come di sopra ancora io v’ho contato.
Orlando lo distacca e dietro il mena,
Strasinando alle spalle, per il prato:
Tanto era grosso, che lo tira appena.
Con esso al ponte ne fu ritornato,
E pose un de’ giganti a forza a terra,
E braccie e gambe a quel laccio gl’inferra.
Benchè a ciò fare vi stesse buon spaccio,
Perchè l’altro gigante lo anoiava;
Ma a suo mal grado uscì di quello impaccio,[2]
Et ancora esso per forza atterrava;
Come l’altro il legò proprio a quel laccio.
Ora la porta più non se serrava,
E puote Orlando a suo diletto uscire;
Quel che poi fece, tornati ad odire.
Perchè se dice che ogni bel cantare
Sempre rincresce quando troppo dura,
Et io diletto a tutti vi vo’ dare
Tanto che basta, e non fuor di misura;[3]
Ma, se verreti ancora ad ascoltare,
Racontarovi di questa ventura
Che aveti odita, tutto quanto il fine,
Et altre istorie belle e pellegrine.