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[St. 63-66] libro ii. canto iv 75

         Ciascuna uscita sempre è stata vana
     E con arisco grande di morire;
     Pur la scrittura del libretto spiana
     Che ad ogni modo non se puote uscire
     Per una porta volta a tramontana,
     Ma là non vi val forza, e non ardire,
     Nè ’l proprio senno nè l’altrui consiglio,
     Chè troppo è quello extremo e gran periglio.

         Perchè un gigante smisurato e forte
     Guarda la uscita con la spata in mano,
     E se egli avvien che dato li sia morte,
     Duo nascon del suo sangue sopra il piano,
     E questi sono ancor de simil sorte:
     Ciascun quattro produce a mano a mano,
     Così multiplicando in infinito
     Il numero di lor forte et ardito.1

         Ma prima ancor che se possa arivare
     A quella porta, che è tutta d’argento,
     Per quella serrata, vi è molto che fare,2
     E bisognavi astuzia e sentimento.
     Ma il conte a questo non stette a pensare,
     Come colui che avea molto ardimento,
     Seco dicendo a sua mente animosa:
     Chi può durare, al fin vince ogni cosa.

         Così fra sè parlando il camin prese
     Giù per la costa verso tramontana,
     E vide, come al campo giù discese,
     Una valle fiorita e tutta piana,
     Ove tavole bianche eran distese,
     Tutte apparate intorno alla fontana;
     Con ricche coppe d’oro in ogni banda
     Eran coperti de ottima vivanda.3

  1. T. e Mr. In numero.
  2. Ml. e Mr. Per quella serrata; P. Per
    quella fiata.
  3. T. e Ml. Piatti erano; Mr. Erano.