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[St. 31-34] libro ii. canto iv 67

         Lei non risponde al suo parlar nïente,
     E mostra del suo crucio aver diletto.
     Ahi, disse il conte falsa e fraudolente!
     Ch’io lo posso sapere al tuo dispetto.
     Or mo di novo mi è tornato a mente
     Che in un libretto l’aggio scritto al petto,
     Qual mi mostrarà il fatto tutto a pieno.
     Così dicendo sel trasse di seno.

         Guardando nel libretto ove è depento
     Tutto il giardino e di fuore e d’intorno,
     Vede nel sasso, ch’è d’incerco acento,1
     Una porta che n’esce a mezogiorno;
     Ma bisogna a l’uscir aver convento
     Un toro avanti, che ha di foco un corno,
     L’altro di ferro, et è tanto pongente,
     Che piastra o maglia non vi val nïente.

         Ma prima che vi ariva, un lago trova,
     Dove è molta fatica a trapassare,
     Per una cosa troppo strana e nova,
     Sì come apresso vi vorò contare;
     Ma il libro insegna vincer quella prova.
     Non avea il conte a ponto a indugïare,
     Ma via camina per l’erba novella,
     Lasciando al faggio presa la donzella.

         Via ne va lui per quelle erbe odorose,
     E poi che alquanto via fu caminato,
     L’elmo a l’orecchie empì dentro di rose,
     Delle qual tutto adorno era quel prato.
     Chiuse l’orecchie, ad ascoltar si pose
     Gli occei, ch’erano intorno ad ogni lato:
     Mover li vede il collo e ’l becco aprire,
     Voce non ode e non potrebbe odire,

  1. T. che dincerco ha cento.