[St. 23-26] |
libro ii. canto iii |
47 |
Ma il re di Garamanta, nella cenere
Segnando cerchi con verga d’olivo,
Dice che, quando il sol fia gionto a Venere,
Sarà d’ogni malizia il mondo privo;
E quando a primavera l’erbe tenere
Seran fiorite nel tempo giolivo,
Alor non debba il re passare in Franza,
Ma stiasi queto e grattasi la panza.
Del mio ardito segnor mi meraviglio,
Che queste zanze possa supportare;
Ma se questo vecchion nel zuffo piglio,
Che qua ce tiene e non ce lascia andare,
In Franza il ponerò senza naviglio.
Per l’aria lo trarò di là dal mare;
Non so che me ritenga, e manca poco1
Ch’io non vi mostri adesso questo ioco.
Sorrise alquanto quel vecchio canuto,
Poi disse: Le parole e il viso fiero
Che mi dimostra quel giovane arguto,
Non mi pôn spaventare a dirvi il vero.
Come vedeti, egli ha il viso perduto,2
Benchè mai tutto non l’avesse intiero,
Nè se cura di Dio, nè Dio de lui;
Lasciànlo stare e ragionam d’altrui.
Io ve dissi, segnore, e dico ancora,
Che sopra la montagna di Carena
Quel giovane fatato fa dimora,
Che al mondo non ha par di forza e lena;3
Nè scio se ve ricorda, io dissi alora
Che se avrebbe a trovarlo molta pena,
Però che ’l suo maestro è negromante,
E ben lo guarda, et ha nome Atalante.
- ↑ Mr. chel me.
- ↑ T., Mi. e Mr. il viso.
- ↑ Ml., Mr. e P. non ha.