[St. 31-34] |
libro ii. canto xxxi |
521 |
Sopra de Orlando il giovane reale
Ad ambe mano un gran colpo distese,
E spezzò l’elmo dal cerchio al guanzale,
Chè fatason, nè piastra lo diffese.
Vero che al conte non tocca altro male,1
Come a Dio piacque; chè il colpo discese
Tra la farsata aponto e le mascielle,
Sì che lo rase e non toccò la pelle.
Orlando ferì lui con tanta possa,
Che spezzò il scudo a gran destruzïone,
Nè lo ritenne nerbo, o piastra grossa,
Ma tutto lo partì sino a lo arcione;
E fuor discese il colpo ne la cossa,
Tagliando arnese et ogni guarnisone:
La carne non tagliò, ma poco manca,
Chè il celo aiuta ogni persona franca.
Fermate eran le gente tutte quante
A veder questi duo sì ben ferire;
Et in quel tempo vi gionse Atalante,
Qual cercava Rugiero, il suo disire;
E come visto l’ebbe a sè davante
Per quel gran colpo a risco de morire,
Subito prese tanto disconforto,
Che quasi dal destrier cadde giù morto.
Incontinente il falso incantatore
Formò per sua mala arte un grande inganno2
E molta gente finse, con romore,
Che fanno a Cristïan soperchio danno.3
Nel mezo sembra Carlo imperatore
Chiamando: Aiuto! aiuto! con affanno:
Et Olivier legato alla catena,
Un gran gigante trasinando il mena.
- ↑ Ml. e P. Vero è. — T. e Mr. toccha.
- ↑ Mr. male.
- ↑ Ml. fato ne; Mr. fata ne; P. a ne'.