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[St. 15-18] libro ii. canto xxxi 517

15 Come io ve dissi nel passato giorno,
     Re Carlo ed Agramante alla frontiera
     Avea ciascuno e suoi baroni intorno:
     Battaglia non fu mai più orrenda e fiera.
     Non vi è chi voglia di vergogna scorno,
     Ma ciascun vôl morir più volentiera
     E che sia il spirto e l’animo finito,
     Che abandonar del campo preso un dito.

16 Le lancie rotte e’ scudi fraccassati,
     Le insegne polverose e le bandiere,
     E’ destrier morti e’ corpi riversati
     Facean quel campo orribile a vedere;
     E’ combattenti insieme amescolati,
     Senza governo on ordine de schiere,
     Facean romore e crido sì profondo,
     Come cadesse con ruina il mondo.

17 Lo imperator per tutto con gran cura
     Governa, combattendo arditamente,
     Ma non vi giova regula o misura:
     Suo comandar stimato è per nïente;
     E benchè egli abbia un cor senza paura,
     Pur mirando Agramante e sua gran gente,
     De retirarse stava in gran pensiero,
     Quando cognobbe Orlando al bel quartiero.

18 Correndo venìa il conte di traverso,
     Superbo in vista, in atto minacciante.
     Levosse il crido orribile e diverso,
     Come fu visto quel segnor de Anglante;
     E se alcun forse avea l’animo perso,
     Mirando il paladin se trasse avante;
     E ’l re Carlon, che ’l vidde di lontano,
     Lodava Idio levando al cel le mano.

8. P. omm. e'. — 6. T., MI. e Mr. ? di voylia. - 32. MI., Mr. e P. la.