27 Tanta possanza avea quel maledetto,
Che per la fronte gli partì la faccia,
E ’l collo aperse e giù divise il petto,
Chè non vi valse usbergo nè coraccia.
Or bene ebbe Ranaldo un gran dispetto,
E con Fusberta adosso a lui se caccia:
Dico Ranaldo adosso a Martasino
Lascia un gran colpo in su l’elmo acciarino.
28 Forte era l’elmo, come aveti odito,
E per quel colpo ponto non se mosse,
Ma rimase il pagano imbalordito,
Chè la barbuta al mento se percosse,
E stette un quarto de ora a quel partito,
Che non sapeva in qual mondo se fosse;
E, mentre che in tal caso fa dimora,
Re Marbalusto col baston lavora.
29 Ad ambe mano alzò la grossa maccia,
E sopra al fio de Amon con furia calla;
Ranaldo a lui rimena, non minaccia,
Con sua Fusberta che giamai non falla.
Meza la barba gli tolse di faccia,
Chè la masella pose in su la spalla,
Nè elmo o barbuta lo diffese ponto,
Chè ’l viso gli tagliò, come io vi conto.
30 Smarito di quel colpo il saracino
Subitamente se pose a fuggire,
E ritrovò nel campo il re Sobrino,
Qual, veggendo costui in tal martìre,
- Ove è, - cridava - dove è Martasino,
E Bardarico, che ebbe tanto ardire?
Ov’è Tardoco, il giovane mal scorto?
So che Ranaldo ogniun di loro ha morto.