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[St. 63-66] | libro ii. canto xxix | 495 |
Ma debbe esser Ranaldo veramente,
Di cui nel mondo se ragiona tanto.
Or provarò se egli è così valente,
Come de lui se dice in ogni canto.
Nel dir sperona il suo destrier corrente
Quel re che di prodezza ha sì gran vanto;
La lancia rotta avia prima nel piano,
Ma ver Ranaldo vien col brando in mano.
Ranaldo il vidde e, stimandol assai
Per le belle arme e per la appariscenza,
Fra sè diceva: Odito ho sempre mai
Che il bon vantaggio è di quel che incomenza;
Al mio poter tu non cominciarai,
Chè chi coglie de prima, non va senza.
Così dicendo sopra de la testa
Ad ambe man lo tocca a gran tempesta.
Ma l’elmo che avea in capo era sì fino
Che ponto non fu rotto nè diviso,
E nïente se mosse il re Sobrino,
Benchè non parve a lui colpo da riso.
Ma già son gionto a l’ultimo confino
Del canto consueto; onde io me aviso
Che alquanto riposar vi fia diletto:
Poi serà il fatto a l’altro canto detto.