488 |
orlando innamorato |
[St. 35-38] |
Quivi de intorno non era persona,
Benchè fosse la zuffa assai vicina;
L’un verso l’altro a più poter sperona
A tutta briglia, con molta ruina.
Ciascadun scudo al gran colpo risuona,
Ma cade a terra il re di Constantina;
Sua lancia andò volando in più tronconi,
E lui di netto uscì fuor de li arcioni.1
Orlando lo pigliò senza contese,
Poi che caduto fu de lo afferante,
Però che lui non fece altre diffese,
Nè puote farle contra al sir de Anglante;
E sieco ragionando il conte intese
Come quel ch’è nel monte è il re Agramante,
Che per re Carlo e Francia disertare,
Con tanta gente avia passato ’l mare.
De ciò fu lieto il franco cavalliero:
Guardando verso il cel col viso baldo
Diceva: O summo Dio, dove è mestiero,
Pur mandi aiuto e soccorso di saldo!
Chè, se non vien fallito il mio pensiero,
Serà sconfitto Carlo con Ranaldo,
Et ogni paladin serà abattuto,
Onde io serò richiesto a darli aiuto.
Così lo amor di quella che amo tanto
Serà per mia prodezza racquistato,
E per la sua beltate oggi mi vanto
Che, se de incontro a me fosse adunato
Con l’arme indosso il mondo tutto quanto,
In questo giorno averlo disertato.
Ciò ragionava il conte in la sua mente,
E Pinadoro odìa de ciò nïente.
- ↑ T. e Mr. de lo; Ml. de larzoni.