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orlando innamorato |
[St. 27-30] |
Se non che, essendo quella dama altiera
Ora affrontata al saracino ardito,
E durando la zuffa orrenda e fiera,
Il conte Orlando se fu risentito;
E ben serìa tornato volentiera
A vendicarse, come aveti odito:
Essendo dal pagan sì forte offeso,
Gli avria pan cotto per tal pasta reso.1
Ma pur, temendo a farli villania,
Poi che era de altra mischia intravagliato,
Sua Durindana al fodro rimettia,
E, lor mirando, stavasi da lato.
Quel loco ove era la battaglia ria,
Posto è tra duo colletti in un bel prato,
Lontano a l’altra gente per bon spaccio,
Sì che persona non gli dava impaccio.2
Tre ore, o poco più, stettero a fronte
La dama ardita e quel forte pagano;
E stando quivi a rimirare il conte,
Alciando gli occhi vidde di lontano
Quella gran gente che callava il monte,3
E le bandiere poi di mano in mano,
Con tal romor che par che ’l cel ruine,
Tanta è la folta; e non se vede il fine.
Diceva Orlando: — O re del celo eterno,
Dove è questo mal tempo ora nasciuto?
Chè il re Marsilio e tutto suo governo
Di tanta gente non avrebbe aiuto.
Credo io che sono usciti dello inferno,
Benchè serà ciascuno il mal venuto
E il mal trovato, sia chi esser si vôle,
Se Durindana taglia come suole.
- ↑ T. e Ml. pasto.
- ↑ Mr. persone.
- ↑ Mr. calla.