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[St. 51-54] libro ii. canto xxviii 477

51 A lui dicendo: - Attendi alla iustizia,
     E ben ti guarda da procuratori
     E iudici e notai, chè han gran tristizia
     E pongono la gente in molti errori.
     Stimato assai è quel che ha più malizia,
     E gli avocati sono anco peggiori,
     Chè voltano le legge a lor parere;
     Da lor ti guarda, e farai tuo dovere.

52 Il re di Fersa, Folvo, anche rimane,
     E Bucifar, il re de la Algazera;
     L’uno al diserto alle terre lontane,
     E l’altro guarda verso la rivera.
     Se forse qualche gente cristïane
     Con caravella, o con fusta ligiera,
     Over gli Aràbi te donino affanno,
     Sia chi soccorra e chi proveda al danno. -

53 Dapoi gli fece consegnar Dudone,
     Che era condotto de Cristianitate,
     Dicendo a lui che lo tenga pregione,
     Sì che tornar non possa in sue contrate;
     Ma poi nel resto il tratti da barone,
     Nè altro gli manchi che la libertate.
     Da poscia a Folvo e a Bucifar comanda
     Che a Branzardo obedisca in ogni banda.

54 E perchè ciò non sia tenuto vano,
     Per la citate il fece publicare,
     Ed a lui la bacchetta pose in mano,
     La quale è d’oro, e suole esso portare.
     Or se aduna lo esercito inumano:
     Chi potrebbe il tumulto racontare
     De la gente sì strana e sì diversa,
     Che par che ’l celo e il mondo se sumersa?