[St. 19-22] |
libro ii. canto xxviii |
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Il re dapoi mandò nella citate
Che a lui ne vengan cacciatori e cani,
De’ qual sempre tenìa gran quantitate,
Segusi e presti veltri e fieri alani,
Et altre schiatte ancora intrameschiate.
Or via ne vanno e’ tre baron soprani,
Brandimarte, Agramante e il bon Rugiero,
Per dare aiuto ove facea mestiero.
Ma ne la corte se lasciâr le danze,
Come il messo del re là su se intese,
E fuor portarno rete e speti e lanze,1
E furvi alcun che se guarnîr de arnese,2
Chè a cotal caccia vole altro che cianze;
Nè lepri o capre trova quel paese,
Ma pien son e’ lor monti tutti quanti
Di leoni e pantere et elefanti.3
E molte dame montarno e’ destrieri,4
Con gli archi in mano et abiti sì adorni,
Che ogniom le accompagnava volentieri,
E spesso avanti a lor facean ritorni.
E tutti e gran segnori e cavallieri
Uscîr sonando ad alta voce e’ corni:
Da lo abaglio de’ cani e dal fremire
Par che ’l cel cada e ’l mondo abbia a finire.
Ma già Agramante e il giovane Rugiero
E Brandimarte, che non gli abandona,
Sopra a quel fiume ove è l’assalto fiero,
Ciascuno a più poter forte sperona;
E ben de esser gagliardi fa mestiero,
Chè ogni leone ha sotto una persona;
Alcuna è viva e soccorso dimanda,
E qual morendo a Dio se aricomanda.5
- ↑ T., Ml. e Mr. speti.
- ↑ P. furno.
- ↑ P. omm. e.
- ↑ P. montarno a.
- ↑ Ml. saricomanda; Mr. se ric.; P. si arricc.