[St. 43-46] |
libro ii. canto xxvii |
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Parlava quel parone in cotal sorte,1
Chiedendo quel che egli avrebbe voluto,
Ma tramontana ognior cresce più forte,
E ’l mar già molto grosso è divenuto;
Onde ciascun per tema de la morte
Facendo voti a Dio dimanda aiuto;
Ma lui non li essaudisce e non li ascolta,
E sottosopra il mar tutto rivolta.2
Pioggia e tempesta giù l’aria riversa,
E par che ’l celo in acqua se converta,
E spesso alla galea l’onda atraversa,
Battendo ciò che trova alla coperta.
Vien la fortuna ogniora più diversa,
E spaventosa, orribile et incerta,
Pur col vento che io dissi, tuttavia,3
Sin che condotti gli ebbe in Barbaria.
Presso Biserta, al capo di Cartagine,
Son gionti, ove già fu la gran citade
Che ebbe di Roma simigliante imagine,
E quasi partì sieco per mitade;
Di lei non se vede or se non secagine,
Persa è la pompa e la civilitade;
E’ gran trïomfi e la superba altura
Tolti ha fortuna, e il nome apena dura.
Or, come io dissi, il franco Brandimarte
Fu gionto per fortuna in questo porto.
Ma un fie’ comandamento in quelle parte4
Che ogni cristian che ariva ivi, sia morto;
Perchè una profecia trovarno in carte,
Che in fine, al lungo andare o in tempo corto,
Da un re de Italia fia la terra presa,
Per cui da poi serà la Africa incesa.
- ↑ Ml. baron; Mr. e P. parone.
- ↑ Mr. sotto sopra.
- ↑ Ml. che vi; P. che dissi.
- ↑ Ml. e P. in quelle.