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[St. 59-62] libro ii. canto xxvi 447

         Perchè, saltando sopra ad una macchia,
     Lo prese ad ambo e’ piedi una berbena,1
     Come se prende al laccio una cornacchia,
     E lei battendo l’ale se dimena,
     E trà del becco e se dispera e gracchia.
     Ma Fugiforca non è preso a pena,
     Che Brandimarte, qual correndo il caccia,
     Gli gionse adosso e ben stretto lo abraccia.

         E non lo volse de brando ferire,2
     Parendo a lui che fosse una viltate,
     Ma ben diceva: Io te farò morire,
     Sì come tu sei degno in veritate.
     Meco legato converrai venire,
     Tanto che io trovi o castello o citate;
     E là per la iustizia del segnore
     Serai posto alle forche a grande onore.

         E Fugiforca piangendo dicia:
     Quel che ti piace ormai pôi di me fare;
     Ma ben ti prego per tua cortesia,
     Che non mi mena alla Liza in sul mare.
Ora, segnori e bella compagnia,
     Finito è nel presente il mio cantare.
     A l’altro racontar non serò lento;
     Dio faccia ciascadun lieto e contento.



  1. Mr. persa.
  2. T. e Ml. de.