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orlando innamorato |
[St. 39-42] |
Or mio marito alla porta cridava,
Di tanta indugia avendo già sospetto;
E Gambone adirato biastemava
E diceva: Macon sia maledetto!
Chè de la chiave in mal ponto cercava,
Quale ho smarito alla paglia del letto.
Ecco, pur l’ho trovata in sua malora;
A voi ne vengo senza altra dimora.
Così dicendo alla porta callava,
E quella con romore in fretta apriva;
E, come Usbego, il mio marito, entrava,
Alle sue spalle Teodoro usciva.
Or, mentre che la porta si serrava,
Il mio marito in camera saliva,
Et io queta mi stava come sposa,1
Mostrandomi adormita e sonocchiosa.
E mio marito prese un lume in mano,
Cercando sotto al letto in ogni canto;
Et io tra me dicea: Tu cerchi invano,
Chè pur le corne a mio piacer ti pianto.
Di qua di là cercando quel villano
Ebbe veduto ai piè del letto un manto;
Da Teodoro il manto era portato:
Per fretta poi l’avea dimenticato.
Ma come Usbego il manto ebbe veduto,
Grandi oltraggi me disse e diverse onte;
Per ciò non ebbi io l’animo perduto,
Ma sempre li negai con bona fronte.
Ora a Gambone bisognava aiuto,
Il qual mercè chiedea con le man gionte,
E credo che la cosa volea dire;
Ma lui turbato mai nol volse odire.