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[St. 47-50] libro ii. canto ii 35

         Che già non era il cavallier ferito,
     Ma pista d’un gran colpo avea la testa.
     Quando Aquilante questo ebbe sentito,
     Ben gli fuggì la voglia di far festa,
     Dicendo: Ahimè! baron, chi t’ha tradito?
     Ch’io so ben che a battaglia manifesta
     Non è gigante al mondo tanto forte,
     Qual condutto se avesse a darti morte.

         Grifon piangendo ancor se lamentava,
     E di gran doglia tutto se confonde;
     E quanto più la dama dimandava,
     Più de Orlando la morte gli risponde.
     La notte oscura già s’avicinava,
     Il sol di drieto a un monte se nasconde;
     E duo baron, ch’avean molto dolore,
     Nel palagio alogiarno a grande onore.

         La notte poi nel letto fuor’ pigliati,1
     E via condutti ad una selva oscura,
     Dove fôrno a un castello impregionati,
     Al fondo d’un torrion con gran paura,
     Dove più tempo sterno incatenati,
     Menando vita dispietata e dura.
     Un giorno il guardïan fuora li mena,
     Legati ambe le braccia di catena.

         Seco legata mena la donzella
     Che sopra Brigliadoro era venuta;
     Un capitano con più gente in sella
     In questa forma quei baron saluta:
     Oggi aveti a soffrir la morte fella,
     Se Dio per sua pietate non ve aiuta.
La dama se cambiò nel viso forte,2
     Come sentì che condutta era a morte.

  1. T. e Ml. for.
  2. T, Ml. e P. cangiò.