[St. 47-50] |
libro ii. canto ii |
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Che già non era il cavallier ferito,
Ma pista d’un gran colpo avea la testa.
Quando Aquilante questo ebbe sentito,
Ben gli fuggì la voglia di far festa,
Dicendo: Ahimè! baron, chi t’ha tradito?
Ch’io so ben che a battaglia manifesta
Non è gigante al mondo tanto forte,
Qual condutto se avesse a darti morte.
Grifon piangendo ancor se lamentava,
E di gran doglia tutto se confonde;
E quanto più la dama dimandava,
Più de Orlando la morte gli risponde.
La notte oscura già s’avicinava,
Il sol di drieto a un monte se nasconde;
E duo baron, ch’avean molto dolore,
Nel palagio alogiarno a grande onore.
La notte poi nel letto fuor’ pigliati,1
E via condutti ad una selva oscura,
Dove fôrno a un castello impregionati,
Al fondo d’un torrion con gran paura,
Dove più tempo sterno incatenati,
Menando vita dispietata e dura.
Un giorno il guardïan fuora li mena,
Legati ambe le braccia di catena.
Seco legata mena la donzella
Che sopra Brigliadoro era venuta;
Un capitano con più gente in sella
In questa forma quei baron saluta:
Oggi aveti a soffrir la morte fella,
Se Dio per sua pietate non ve aiuta.
La dama se cambiò nel viso forte,2
Come sentì che condutta era a morte.
- ↑ T. e Ml. for.
- ↑ T, Ml. e P. cangiò.