Pagina:Boiardo - Orlando innamorato II.djvu/449

[St. 27-30] libro ii. canto xxvi 439

27 Quando ciò seppi, tu debbi pensare
     S’io biastemavo il celo e la natura;
     E diceva: "Macon non potria fare
     Che mai segua sua legge e sua misura,
     Poi che mi volse femina creare,
     Chè nasciemo nel mondo a tal sciagura,
     Che occelli e fiere ed ogni altro animale
     Vive più franco ed ha di noi men male.

28 E ben ne vedo lo esempio verace:
     La cerva e la colomba tuttavia
     Ama a diletto e segue chi gli piace,
     Ed io son data a non so chi se sia.
     Crudel Fortuna, perfida e fallace!
     Goderà adunque la persona mia
     Questo barbuto, e terrammi suggetta,
     Nè vedrò mai colui che mi diletta?

29 Ma non serà così, sazo di certo,
     Chè ben vi saprò io prender riparo.
     Se ogni proverbio è veramente esperto,
     L’un pensa il giotto e l’altro il tavernaro.
     Se lo amor mio potrò tenir coperto
     Che non lo intenda alcuno, io lo avrò caro,
     E non potendo, io lo farò palese;
     Per un bon giorno io non stimo un mal mese."

30 Io faceva tra me questo pensiero
     Che io te ragiono; ma il termine ariva
     Che andarne sposa mi facea mestiero.
     Io non rimasi nè morta nè viva,
     Chè Teodoro, il mio bel cavalliero,
     Si resta a casa, ed io di lui son priva.
     A Bursa andar convengo, in Natollia,
     Ove mi mena la fortuna ria.

^. Mr. omm. ne; T. legge K ben cedo lo erempio ansai verace, ma le

ulti me parole sono di altra muDO. — 23. Mr. io /arò ; P. lo /arò.