[St. 19-22] |
libro ii. canto xxvi |
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E morto là serìa veracemente,
Se Febosilla, quella bella fata,
Soccorso non l’avesse incontinente1
Con succi de erbe et acqua lavorata.
Poscia l’usbergo e la maglia lucente
Et ogni piastra ancora ebbe incantata.
Da poi ch’ebbe fornita ogni dimanda,2
Da lei se parte e a Dio la ricomanda.
In mezo alle due dame il cavalliero
Via tacito cavalca e non favella,
Però che forse aveva altro pensiero;
Onde, ridendo alquanto, Doristella
Disse: Io me avedo ben che egli è mestiero
Che io sia colei che con qualche novella
Faccia trovar lo albergo più vicino,
Perchè parlando se ascurta il camino.
E più ancor tanto volentier lo faccio,
Che io vi dimostrarò per qual maniera
Fosse condotta dentro a quel palaccio,
Ove son stata un tempo pregioniera;
Et a voi credo che serà solaccio,
Et odireti molto volentiera
Come a un zeloso mai scrimir non vale
E ben gli sta, chè è degno d’ogni male.
Due figlie ebbe mio patre Dolistone.
La prima, essendo ancora fanciullina,
Fu rapita per forza da un ladrone,
Nel litto de la Liza alla marina.
Per sposa era promessa ad un barone,
Filiol del re d’Armenia, la tapina,3
Nè novella di lei se seppe mai,
Benchè cercata sia nel mondo assai.
- ↑ T. omm. l’.
- ↑ T. finita.
- ↑ T. Hermenia.