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[St. 55-58] | libro ii. canto xxv | 431 |
Là se vedea, cresciuto a poco a poco
Di nome, de sapere e di valore,
Or con arme turbate et or da gioco
Mostrar palese il generoso core;1
E quindi apresso poi parea di foco,
In gran battaglia e trïonfale onore.
In diverse regioni e terre tante
Sempre e’ nemici a lui fuggon davante.
Sopra del capo aveva una scrittura
Che tutta è de oro, e tale era il tenore:
Se io vi potessi in questa dipentura
Mostrare espressa la virtù del core,
Non avria il mondo più bella figura,
Nè più reale e più degna de onore;
A dessignarla non posi io la mano,2
Però che avanza lo intelletto umano.
Or Brandimarte ciò stava a mirare,
Tanto che quella dama venne giù,
La dama che al veron gli ebbe a cennare.
Come fo gionta, disse: Che fai tu,
Perdendo il tempo a tal cosa guardare,
E non attende a quel che monta più?
A te bisogna quel sepolcro aprire,
O qua rinchiuso di fame morire.
Ma, poi che quel sepolcro serà aperto,
Ben ti bisogna avere il core ardito,
Perchè altrimenti seresti deserto,
E te con noi porresti a mal partito.
Or, bei segnori, io mi credo di certo
Che abbiate a male il canto che è finito,
Chè non aveti al fine il tutto inteso;
Ma a l’altra stanza lo dirò disteso.